In AltaValle del Tevere, per Carnevale, di solito il giovedi grasso, i bambini si mascheravano e in gruppo giravano per i borghi e le campagne, facendo il “Ciccicocco”. Bussavano alle case o ai vicini, i più grandi recitavano delle filastrocche e in cambio ricevevano salsicce, uova, caramelle, formaggio, castagnole o strufoli, a volte dei soldini. Divertimento assicurato che terminava con la divisione del “bottino” e una lauta merenda, dopo la camminata nelle gelide giornate invernali, quando l’inverno era così e la tramontana cuoceva le gote e le mani!
Una esperienza che rimane nella memoria dell’infanzia, i miei figli sono stati fortunati perchè questa tradizione è stata perpetrata, contagiando gli amici “cittadini” che ogni anno aspettavano con trepidazione l’appuntamento, preoccupati di non mancare e ogni anno si è aggiunta una nuova “mascherina” … Un gruppo di ragazzini eccitati e vocianti che ha fatto rivivere ai vicini i bei tempi, forse più semplici e genuini, senz’altro spensierati.
“Pel ciccicocco tutti ci ardunèva
ta la piazzetta pel ‘l suldin che sóna,
ma c’era sempre quello che freghèva:
ci argia do volte, o tre, si gni gìa bóna!
Alora ci pensò, disse: “ E’ meschino
che ‘l furbo pigli tre, ‘l coglione zèro”.
Rizzeppo ‘n chesa e arvenne co’n cusino che
s’entegnèa ta ‘n guancialino nero.
E pu fa: “Avanti ‘l primo de la riga!”
co ‘na mèna dà ‘l soldo e l’altra svelta
timbra….. ‘l lavoro scorre e ci sbriga, siguri,
adesso, senza fè la scelta.
La gente sta a vedè curiosa, zitta….
Pàssano i freghi allegri, ‘n vedon l’ora!
Pu se girono, tutti hanno la scritta:
PAGATO, ta la fronte. Scoppia alora
la risèta….. e lu s’archjappa quello
che ci ha tre timbri e dice: “ Và, Pallino,
fatti vedere, mò come sei bello!”
Lu ride…… e vola comme ‘n ucillino”.
Federico Giappichelli